Orario
Mercoledì 21 Marzo 2018 ore 15.00
Durata della visita 2 ore ca.
Ospitato in
Indirizzo
Informazioni
Costo comprensivo di prenotazione obbligatoria per il Gruppo, nostra Guida, contributo per l'ingresso a favore dell'ANMIG (da destinarsi ai lavori di restauro delle opere d'arte presenti nell'immobile e nelle sue pertinenze): Soci € 20,00, non-Soci € 24,00
Tesseramento 2018:
per Soci 2017 € 20,00, per non-Soci 2017 € 25,00
(la tessera sarà consegnata alla prima visita/passeggiata guidata utile o spedita, a richiesta)
PAGAMENTO:
- presso la nostra Sede in Via Marianna Dionigi n°17, previo appuntamento telefonico,
- su c/c presso Unicredit SpA, Agenzia Roma Montesanto, intestato ad ASSOCIAZIONE AMICI DEL TEVERE, IBAN IT 03 L 02008 05021 000401070578 (nuove coordinate per accorpamento di Agenzie)
Contatti
Descrizione
Inaugurata nel 1928 e progettata da Marcello Piacentini, la Casa Madre dei Mutilati rappresenta in modo esemplare il consolidarsi della ideologia del regime fascista. L’edificio si pone, per le sue caratteristiche formali e architettoniche e per le sue forti valenze propagandistiche, come la realizzazione di un’arte di Stato “moderna”, dove viene esaltato e strumentalizzato il mito dell’eroe, audace, virile e sempre pronto all’estremo sacrificio; difatti il culto della morte e il culto dei caduti divennero, sin dal principio, i due capisaldi della ritualità fascista.
Il ribattezzato Auditorium, una volta Sala delle Adunate, svolge sulle pareti il tema degli Eroi della Grande Guerra attraverso l’esaltazione dell’azione e dello sprezzo del pericolo. Gli affreschi che avvolgono le pareti sono di mano di Antonio Giuseppe Santagata (1932); sui lati lunghi si dispiegano le pitture dei “soldati che seguono il feretro del Milite Ignoto” e altre scene di guerra in trincea. All'interno dell'edificio si trova anche la cappella decorata da Mario Sironi.
Nella sua omogeneità stilistica, ispirata ad un eclettismo riconducibile a quel contesto storico-culturale per il quale era stata prodotta, la Casa dei Mutilati rimane l’esempio più riuscito del connubio fra sacro e profano sotto il segno della “modernità” fascista.